GC Magazine - Galleria Cavour

Rick Owens: storia di un talento ribelle

21 Agosto - 2024

Rick Owens - Moncler

Noi di Galleria Cavour abbiamo imparato ad amarlo grazie anche alle incredibili collaborazioni con Moncler: quella di Rick Owens è una storia di moda contemporanea fatta di talento, provocazione e ricerca.
E’ definito il poeta maledetto della moda e in effetti le sue creazioni si muovono da sempre in abile equilibrio tra sacro e profano, ironia e provocazione, surrealismo e futurismo.

Nato a Porterville, in California, nel 1962 il designer lascia presto gli Stati Uniti alla volta di Parigi, città in cui trova presto successo di pubblico e critica. In un mondo dove i giovani stilisti faticano ad emergere lui, ispirato dallo stile delle scuole giapponesi di Miyake e Yamamoto, si contraddistingue immediatamente per un’estetica che viene definita glunge, ovvero la crasi tra le parole glamour e grunge.

L’omonimo brand, che debutta nel 1994, racconta di un’intensa storia d’amore con la moda ma anche con Michele Lamy, musa e partner artistica poi divenuta anche compagna di una vita. Senza di lei l’estetica di Owens non sarebbe diventata la stessa che oggi continua ad incantare e appassionare ammiratori di tutto il mondo.

Il loro è un legame viscerale e le loro creazioni sono la visione di un universo immaginario che si sono divertiti a costruire assieme. L’estetica della coppia è così dirompente da risultare un manifesto vivente del brand: nessuno meglio di loro incarna le creazioni della maison.

Un’altra donna fondamentale nella vita e nella carriera del designer è stata senza ombra di dubbio Anna Wintour, la potentissima direttrice di Vogue America, che con fiuto pioneristico è stata tra le prime a credere e promuovere Owens. Abiti leggeri, fluttuanti, spesso declinati nelle sfumature del nero e del grigio o in un bianco purissimo: le sue opere appaiono sempre eteree e capaci di incarnare insieme il concetto di paradiso e inferno. Allo stilista americano va inoltre il vanto di essere stato tra i primi a portare in passerella una bellezza inclusiva fatta di corpi e forme diverse dai canoni del fashion system quando ancora nessuno parlava di body positivity.

Resta impressa nell’immaginario di tutti noi l’ultima sfilata alla presenza di 200 modelli in total white durante la fashion week parigina: l’ennesima rivoluzione estetica di un mito vivente.